Jonathan D. Spence
Imperatore della Cina
Autoritratto di Kang-hsi
Biblioteca Adelphi, 166
1986, 2ª ediz., pp. 257
isbn: 9788845906503
Kang-hsi fu Imperatore della Cina fra il 1661 e il 1722. Per larga parte, il suo regno corse parallelo a quello di Luigi XIV. Ma il regno di Francia era giovane in paragone allImpero cinese: Kang-hsi era entrato a far parte di una successione di Imperatori documentata da diciotto secoli, e di una storia i cui annali risalivano a quattro millenni prima. «Quasi tutti i dettagli della sua vita mettevano in rilievo la sua unicità e la sua superiorità sui comuni mortali: egli solo si volgeva a sud, mentre i suoi ministri si volgevano a nord; egli solo scriveva in rosso, mentre loro scrivevano in nero ... e perfino la parola che egli usava per dire io, chen, non poteva essere usata da nessun altro». Eppure, la sublime grandezza del Figlio del Cielo fu minacciata, durante il suo lungo regno, da tutte le insidie della vita. E dovette affrontare anche mirabili sorprese: come il contatto con i Gesuiti, che portavano notizie e prodigi da un mondo del tutto sconosciuto, il nostro. Curioso e avido di conoscenze, Kang-hsi soppesò quelle novità, in parte le accettò, in parte le rifiutò. La sorte lo aveva posto al punto dincontro fra i due più grandiosi ed efficaci sistemi che la storia abbia conosciuto. Verso la fine della sua vita, toccato dalla malattia, Kang-hsi promulgò il suo Editto di Commiato, uno dei rari testi scritti da un Potente che non si possono leggere senza commozione: una confessione cerimoniale, lucida e ferma, venata di una somma tristezza. Devoto della perfezione e della cura incessante del particolare, Kang-hsi ebbe la sventura di trovare il proprio maggior nemico in uno dei suoi cinquantasei figli, lunico nato da unImperatrice e perciò allevato come Erede Legittimo. Dopo decenni di regno, sentiva che la possente macchina dellImpero rischiava di guastarsi per sempre. Ma non per questo defletteva dalla sua regola: «Tutti gli Antichi dicevano che lImperatore dovrebbe interessarsi di princìpi generali, senza necessariamente occuparsi dei particolari minuti. Personalmente mi trovo in disaccordo. Trascurare un solo dettaglio potrebbe nuocere al mondo intero, la negligenza di un momento potrebbe danneggiare tutte le generazioni future».
Jonathan Spence, autore di questo libro apparso nel 1974, è un illustre sinologo. Ma qui ha messo la sua dottrina al servizio di unalta forma letteraria, di cui i cinesi sono stati insuperati maestri: la citazione. Invece di scrivere una biografia di Kang-hsi, o unevocazione mimetica come quella delle Memorie di Adriano della Yourcenar, ha lasciato parlare lImperatore con le sue stesse parole, componendole in un tessuto dove non si avvertono le cuciture. Rendendosi invisibile, Spence è riuscito a far vivere in noi con imponente nettezza la figura del lontano Imperatore. Così, dopo averlo seguito in guerre, cacce, ispezioni, letture, intrighi, riflessioni, potremo annuire alle parole con cui Kang-hsi chiudeva il suo Editto di Commiato: «Ho rivelato le mie viscere e mostrato le mie budella, dentro di me non cè più nulla da rivelare. Non dirò altro».