2006 / pp. 377 / € 29,00 € 27,55
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Adelphi eBook
2024 / pp. 377 / € 14,99
Matteo Ricci fu l'uomo che con maggiore determinazione ed efficacia tentò di far comunicare due grandi civiltà – quella europea e quella cinese – che per secoli si erano ritenute autosufficienti. Gesuita, di quell'epoca in cui i gesuiti erano anche uomini temerari, che partivano verso i luoghi più remoti con l'intenzione non soltanto di convertire ma di capire chi vi abitava, patì in Cina traversie di ogni genere ma riuscì a offrire dell'Europa e della cristianità un profilo che si impresse profondamente nell'immaginario cinese, e divenne anzi un tramite obbligatorio verso l'Occidente. Matteo Ricci non cercò solo di ritrovare Confucio in Epitteto e far scoprire Epitteto in Confucio. Al fine di entrare con sottile precisione in un sistema psichico totalmente alieno, utilizzò anche un'arte antica e segreta dell'Occidente, la mnemotecnica, elaborando un Palazzo della memoria che doveva fissare indelebilmente alcuni punti essenziali della dottrina cristiana. E intorno alle immagini di quel Palazzo Jonathan Spence ha costruito un libro che ci invita a intraprendere un viaggio in compagnia di Matteo Ricci – ovvero a ripercorrere un'avventura umana e intellettuale che non ha eguali: dall'infanzia a Macerata, «un mondo invaso dalla guerra e dalla violenza», alla logorante e malsicura esistenza nelle missioni asiatiche tra Cinquecento e Seicento; dalle terrifiche traversate degli oceani agli ardui tentativi di evangelizzazione dell'India («pieno d'oppio», il mogul Akbar sembrava spesso troppo stordito per afferrare i punti più delicati del discorso); dall'illuminante impatto con la spiritualità orientale ai lunghi anni in una Cina che Spence riesce ancora una volta a restituire amalgamando magistralmente l'acribia dello studioso e il talento del narratore.