Danilo Ki
Il liuto e le cicatrici
A cura di Mirjana Miočinović
Piccola Biblioteca Adelphi, 667
2014, pp. 157
isbn: 9788845929236
Le sei narrazioni qui raccolte, a cui si aggiunge un breve scritto, A e B, che funge quasi da metafora ed «epilogo lirico» per l'intera opera di Kiš, sono state ritrovate dopo la morte dello scrittore fra i manoscritti inediti. Alcuni testi, come il racconto che dà il titolo al libro – l'unico di ambientazione belgradese –, sono autobiografici, altri fanno rivivere personaggi celebri della letteratura centroeuropea, intrecciando vicende immaginarie con fatti storicamente attestati, secondo il modello del «documento-finzione». Emergono così da un passato più o meno recente le figure di Ódón von Horvath e di Endre Ady (Il senza patria), di Ivo Andrić (Il debito), di Piotr Rawicz (Jurij Golec), mentre l'ombra di Sinjavskij si allunga sul racconto-sogno del Maratoneta. Le storie di questo libro, molte delle quali inizialmente destinate all'Enciclopedia dei morti, come suggerisce Mirjana Miočinović nelle note critiche, nascono sotto il segno dei drammi epocali del secolo XX, quelli che hanno profondamente segnato Kiš ispirandone l'opera: l'oppressione dei regimi totalitari, i destini delle vittime – immersi nell'oblio –, l'amarezza dell'esilio, lo sradicamento e la tristezza di chi sopravvive a tragedie silenziose, l'amore angoscioso per gente senza nome e senza tomba. Ma su tutto incombono i due temi privilegiati da Kiš – quello della morte e quello della scrittura, strettamente congiunti. La morte come coincidenza allegorica o come atto volontario quanto emblematico, la scrittura come supremo scongiuro contro le tenebre, il nulla: come unica forma di sopravvivenza.
Il prezioso lascito letterario di uno dei massimi scrittori del Novecento europeo.