Giuseppe Gioachino Belli
Sonetti erotici e meditativi
Piccola Biblioteca Adelphi, 627
2012, 2ª ediz., pp. 357
isbn: 9788845926525
«Non casta, non pia talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparirà la materia e la forma: ma il popolo è questo; e questo io ricopio» avverte Belli nell'Introduzione ai suoi Sonetti. E non si tratta di un eccesso di cautela: nei testi qui riuniti l'oltraggiosa, icastica violenza del romanesco belliano esplode, ad esempio, sino a ribattezzare con decine di sinonimi la «madre de le Sante», che non è affatto, come nell'inno manzoniano, la santa Chiesa, ma l'organo sessuale femminile. E di questi triviali, e insieme lietamente giocosi, sinonimi – quelli che affiorano alle labbra di «nnoantri fijjacci de miggnotta» – l’ultimo è, sarà un caso?, «ssepportura». Nel Commedione il motivo erotico, dell'impulso passionale, della gioia vitale, è infatti strettamente connesso a quello della cupa malinconia, della consapevolezza dell'effimero, sicché radunare e leggere insieme i versi amorosi e lugubri, sensuali e pensosi significa addestrarsi a una diversa percezione dell'intero corpus, rendersi conto, come nota Gibellini, che «sotto la tinta brillante dell'erotismo scanzonato o l'oscenità sguaiata sta il fondo scuro della meditazione, così come sul drappo buio della morte appressante, et ultra, ancora giunge, per memoria del passato o immaginazione dell'eterno futuro, il cono di luce della mondanità». Eros e Thanatos, Carnevale e Quaresima, sesso e fede convivono, dunque, sono facce della stessa abbagliante medaglia: come nel sorprendente La bbella Ggiuditta, temeraria riscrittura di un episodio dell'«Abbibbia Sagra», dove si racconta che Giuditta, con un colpo degno della figlia di un boia, «mannò a ffotte» Oloferne, pronta a «ffà la vacca pe ddà ggrolia a Ddio».