Tim Judah
Guerra al buio
Piccola Biblioteca Adelphi, 489
2002, pp. 103
isbn: 9788845917042
In che senso la guerra al terrorismo cominciata in Afghanistan si possa definire nuova non è affatto chiaro. Dagli schermi televisivi, o sulle pagine dei giornali, è parso piuttosto di assistere alla replica di un copione ormai collaudato, che prevede unalternanza di immagini stereotipe nella variante afghana, dense colonne di fumo dietro montagne inaccessibili, che un mujaheddin si incarica di mostrare alla troupe e leggende spesso esilaranti, come quella della fuga in motocicletta del mullah Omar. Ci troviamo, si direbbe, di fronte a una regia anonima quanto sapiente, che veicola un contenuto di informazione prossimo allo zero. Ma le cose cambiano se ci si sposta sul terreno, come ha fatto per due mesi Tim Judah inviando alla «New York Review of Books» i quattro lunghi reportage che compongono questo libro. Quando si parla con signori della guerra preadolescenti, talebani prigionieri, veterani di quattro o cinque eserciti diversi, prendono infatti corpo altre immagini, e altre ombre. Antiche, come quelle ancora oggi allarmanti del Grande Gioco. Ma anche recenti, e forse più temibili. Come quelle che si allungano sullOccidente da una piccola lavagna vista da Judah in una sede di Al Qaeda a Kabul, dove una mano ignota ha schizzato, a uso di aspiranti terroristi, una piccola mongolfiera che trasporta un carico di spore letali su un gruppo di grattacieli.