Benedetto Croce
I teatri di Napoli
Dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo
Biblioteca Adelphi, 258
1992, 2ª ediz., pp. 404
isbn: 9788845909283
Croce esordì come storico della sua città pubblicando nel 1891 un imponente volume dal titolo I teatri di Napoli. Nel 1915, quando ormai era diventato figura dominante della cultura italiana, Croce riprese in mano il libro e lo sottopose a una complessa revisione, per cancellarvi «le molte tracce d’inesperienza giovanile». Con amabile autoironia, annotò anche nei suoi taccuini che aveva l’intenzione di prepararne «una nuova redazione meno scellerata della prima». Ciò che a Croce premeva mettere in evidenza, ora, riguardava innanzitutto l’innervatura culturale delle singole epoche trattate: tale ottica lo obbligava ad abbandonare l’idea, ancora tinta di positivismo, che il teatro come tale offrisse «un unitario punto di vista storico». Il risultato fu un libro molto diverso, felice in altro modo, più lineare e immediatamente percepibile per quei lettori che rischiavano di perdersi nella «selva di notizie» della prima versione. Come Storie e leggende napoletane, quest’opera è uno straordinario tentativo di vivere la storia napoletana dall’interno, indagandone ogni dettaglio e scegliendo un osservatorio prezioso per contemplare il lento corteo delle forme di una civiltà: quello della vita teatrale che, nelle sue diramazioni sacre e profane, frivole ed erudite, incarnò per secoli lo spirito del luogo con strepitosa vivezza. Nulla meglio di questo libro può servire a confutare quei critici che accusarono Croce di perseguire un’idea astratta e aprioristica della storia nel suo farsi, mentre nell’autore di queste pagine ritroviamo ancora i tratti del giovane erudito quale fu descritto una volta, con parole affettuose e nitide, da Salvatore Di Giacomo: «Questi è Benedetto Croce. Infaticabile lavoratore, egli consacra a’ suoi studii tutta la giornata, passando dalla Nazionale all’Archivio di Stato o da questo alla Società di storia patria. Raccoglie, nota, fruga da per tutto e, rincasato, nel silenzio della sua camera di studio, dispone i suoi appunti per una novella monografia di cento pagine o per un libro che ne conta ben settecento».