1980 / pp. 206 / € 12,00
1980 / pp. 206 / € 12,00
Questo è il primo libro di Franco Donatoni, da anni compositore di punta della nuova musica: un testo di estrema singolarità formale, che si presenta come un saggio sulla composizione musicale e, al tempo stesso, come una composizione in atto, condotta su materiale verbale. Punto di partenza di Questo è la «rettifica di un errore»: si tratta di un errore musicale e non solo musicale, commesso da Donatoni stesso in passato, e ampiamente praticato a tutt’oggi da vari illustri compositori, nel trarre le conseguenze di quello sconvolgimento rivelato nella musica da John Cage con la sua riflessione sul caso, sconvolgimento per altro implicito in tutta la storia della musica, dai grandi romantici in poi, e oggi soltanto chiamato per nome. Per Donatoni, servirsi delle tecniche aleatorie come anni prima ci si serviva delle tecniche seriali è il proton pseudos, l’errore capitale nel rapporto fra compositore e materiale musicale: se la indeterminazione viene accettata, essa deve implicare innanzitutto la «indeterminazione del compositore» stesso – e a questo punto comincia la radicale critica al processo del comporre musicale, che è il centro di questo libro. Ma non è tutto: la coerenza del procedimento è tale che Donatoni si permette di enunciare il suo pensiero sulla indeterminazione solo a patto di sottoporre i propri enunciati stessi alla pratica indeterminante, che li scompagina e li riordina secondo la sua legge, obbligando il compositore a riconoscere come propri tanto il risultato del procedimento quanto gli enunciati originali. E questa pratica porterà, nel corso del testo, a scoperte e sorprese, che si articolano a vari livelli: minute precisazioni compositive, rapide prospettive sullo sviluppo della musica in questi ultimi anni, immagini pullulanti, difficilmente leggibili – il fondo segreto del fare musica di Donatoni –, acute variazioni speculative su temi apparentemente extramusicali. E infine tutti questi livelli ricompariranno simultaneamente nel vorticare delirante dello straordinario «rondò» finale.