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Wolfgang Goethe

Wilhelm Meister

Gli anni dell’apprendistato

Traduzione di Anita Rho, Emilio Castellani

Classici
1976, pp. XXXII-696
isbn: 9788845900341

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SINOSSI

Il personaggio di Wilhelm Meister accompagnò, si può dire, tutta la vita di Goethe. A partire dal 1777, dunque prima dei trent’anni, aveva cominciato a lavorare alla Missione teatrale di Wilhelm Meister, che sarebbe rimasto allo stato di frammento, mobile e appassionato, ancora immerso nell’atmosfera dello Sturm und Drang. Nella piena maturità del periodo di Weimar, Goethe ritornerà al suo amato personaggio, ponendolo al centro di una costruzione grandiosa e arditissima, per certi versi opposta alla prima, il romanzo sugli anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister (1795-96). Infine, sulla soglia degli ottant’anni, Goethe avrebbe concluso il suo secondo romanzo sulla vita di Meister, Gli anni della peregrinazione, oscuro sigillo del tutto. Di queste tre opere, Gli anni dell’apprendistato sono certamente la parte compiuta e più ricca, libro terso e misterioso, uno fra gli indispensabili della nostra civiltà. Qui, come ha scritto Pietro Citati, «forse per la prima volta nella storia della letteratura, Goethe libera il romanzo dalla sua lunga, affascinante soggezione ai capricci del caso. Come Flaubert, obbliga questa creatura così intimamente illegale – questo albero dai mille rami, questo pasticcio di terra, di sangue e di inchiostro – a chinare il capo davanti alla forza inflessibile della Legge e della Forma». Ma, per sottomettere il caso alla geometria dei destini, Goethe è ricorso proprio a una forma che dà l’impressione dell’intrico naturale e labirintico. Scelta audacissima che lo indusse a mescolare e giustapporre macchinose avventure, intarsi di racconti, lunghe soste riflessive, poesie fra le sue più belle e celebri, squarci realistici, messaggi iniziatici. Questa ingannevole apparenza corrisponde infatti a un disegno di vertiginosa ambizione: mostrare l’educazione di una persona alla vita, con tutti gli incontri e gli inciampi, le deviazioni impreviste, le scoperte repentine, i ritardi e gli insperati soccorsi, in breve con tutte le disparate esperienze che un giovane borghese della Germania fine Settecento può avere – e alla fine rivelare che questa educazione non è affidata al fortuito, ma retta dalle lucide volontà di un gruppo di iniziati. Quasi sapienti burattinai, essi non mirano però tanto a educare il giovane Wilhelm Meister alle regole generiche di una società, quanto al suo singolare e irriducibile destino, e perciò si mimetizzano nei capricci della natura e del caso. È un’educazione, dunque, che innanzitutto incoraggia felicemente l’errore, perché «l’errore può essere sanato soltanto dall’errore». Su tale geniale paradosso si fonda questo romanzo «incommensurabile» (come disse Goethe stesso), dove l’autore ha racchiuso, soprattutto nella metafora del teatro e della vita vagabonda, tanti dei suoi segreti. Dietro il velo fascinoso, mercuriale e cangiante degli incontri di Wilhelm, dei suoi amori, della sua passione per la scena, si percepisce sempre in queste pagine lo sguardo immobile e impassibile di un occulto regista che soppesa i fatti su una bilancia aurea, che evoca il demoniaco e insieme insegna l’arte di difendersene. E forse proprio questo permetterà di dare finalmente un senso all’abusato epiteto di «olimpico» attribuito al Goethe della maturità – un senso che potrebbe essere quello accennato da Walter Benjamin: «esso indica la natura oscura, mitica, immersa in se stessa, che vive – nella sua muta fissità – nell’artista Goethe».
Il volume, introdotto da un saggio di Hermann Hesse, si chiude con una scelta degli illuminanti brani del carteggio Goethe-Schiller che riguardano l’elaborazione ultima del Meister.

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Piccola Biblioteca Adelphi, 251
1990 / pp. 128 / € 10,00
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