Giulio Camillo
L'idea del theatro
Con «l’idea dell’eloquenza»,
il «de transmutatione»
e altri testi inediti
Classici, 77
2015, pp. 340, 97 illustrazioni
isbn: 9788845929823
L’idea del theatro è fra le opere che meglio incarnano lo splendore che l’arte della memoria – nutrita di ermetismo e lullismo, neoplatonismo e suggestioni magiche, astrologiche e cabalistiche – conosce nel Cinquecento. Rispetto ai trattati mnemotecnici lo scarto è vertiginoso: la griglia di classificazione che il suo autore, Giulio Camillo, ci offre (quarantanove «luoghi», contrassegnati da una o più immagini, che nascono dall’incrocio fra l’ordine verticale dei sette pianeti e quello orizzontale dei sette gradi) funziona infatti come una scacchiera che, grazie al movimento e alla combinazione delle sue componenti, è in grado di generare nuovi significati e nuovo sapere: come una mente artificiale, dunque, sicché ricordare diventa pericolosamente simile a creare, o ricreare, il mondo. Ma c’è molto di più: Lina Bolzoni, che ne ha a lungo indagato l’intricatissima e frammentaria tradizione manoscritta, ci rivela infatti che L’idea del theatro è in realtà solo la sintetica rievocazione di un immane progetto, un Teatro della memoria (o Casa della sapienza) la cui natura resta incerta (libro, edificio, maquette di legno, modello puramente mentale), ma che intravediamo audacemente sospeso tra idea e macchina, metafisica e mito alchemico. Un progetto così ammaliante da sedurre intere generazioni e da riaffiorare, attraverso plagi e riscritture, nelle forme più sorprendenti e imprevedibili: da una misteriosa villa in Friuli descritta dal Doni sino alle opere d’arte contemporanee di Marino Auriti e Achilles Rizzoli. Il che non stupisce: come osserva Lina Bolzoni, la storia del Teatro di Giulio Camillo ci conduce al cuore del ruolo delle immagini nel Cinquecento, getta luce sul loro straordinario potere – la capacità di attraversare «la mente del lettore che legge un poema e lo visualizza, i teatri della memoria, i palazzi e le collezioni, reali o immaginari, e naturalmente la biblioteca».
La costruzione di una mente artificiale e la volontà di riprodurre l’ordine e la forza creativa del cosmo in uno dei testi più affascinanti del Cinquecento.