Curzio Malaparte
Tecnica del colpo di Stato
Piccola Biblioteca Adelphi, 621
2011, 8ª ediz., pp. 270
isbn: 9788845926327
Uscito in Francia nel 1931, proibito – rivela l'Introduzione – in tutti quegli Stati dove «le libertà pubbliche e private erano soffocate, o soppresse», violentemente attaccato da Trockij, bruciato per volontà di Hitler «sulla pubblica piazza di Lipsia, per mano del boia, secondo il rito nazista», e responsabile delle «meschine persecuzioni» cui il suo autore fu a lungo sottoposto «per ordine personale di Mussolini», Tecnica del colpo di Stato – spietata dissezione delle varie tipologie di golpe e delle loro costanti – rappresentò di fatto il primo, clamoroso successo internazionale di Malaparte. E ancor oggi mantiene intatto il suo potere: per l'attualità della sua analisi di ingegneria politica come per lo stile, insieme icastico e concitato, geometrico e visionario, dove Malaparte sembra assumere le cadenze di un allievo di Tacito. Stile che tocca il vertice nella ricostruzione dei colpi di Stato dei primi decenni del secolo scorso, e soprattutto nelle pagine dedicate alla imminente rivoluzione a Pietrogrado, con le «dense nuvole nere» che sorgono «sulle officine di Putilow», mentre «una nebbia rossastra» grava «sulle innumerevoli ciminiere del sobborgo di Wiborg» dove Lenin si cela. E spiccano, ritratti con rara e ammirevole vividezza, i volti e le psicologie degli autocrati a capo dei vari totalitarismi, che negli anni Trenta avrebbero raggiunto l’acme: Stalin, «barbaro» dall'intelligenza «tutta fisica, istintiva», e dunque sgombra da pregiudizi d'ordine culturale o morale; Mussolini, antitesi di quegli antichi romani o condottieri rinascimentali cui viene assimilato dalle apologie dei Plutarchi ufficiali; e infine Hitler, mosso da una gelosia di cui si stupiscono solo «coloro che non conoscono la natura particolare dei dittatori, la loro psicologia violenta e timida».