2020 / pp. 135 / € 11,00 € 10,45
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L’angoscia più profonda dell’uomo, che da sempre lo accompagna, è che la morte uccida ogni possibilità di salvezza. Tuttavia Emanuele Severino ha indicato, nella Gloria, come la salvezza dalla morte sia una necessità, non una semplice possibilità: «L’uomo è atteso dalla terra che salva», e la Gloria è appunto l’infinito sopraggiungere degli eterni nella luce dell’uomo. Ma nella «cadenza primaria» di Oltrepassare, che della Gloria è al tempo stesso «rischiaramento» e sviluppo, appare come in realtà «la terra che salva sia “infinitamente” più ampia, cioè più salvatrice» di quanto non sia reso esplicito dall’opera precedente, e come il senso autentico dell’oltrepassare e quindi del divenire mostri un ancor più elevato livello di complessità. In quanto critica radicale del sapere e dell’agire dell’uomo, il pensiero di Severino si fonda però sulla forma più radicale dell’incontrovertibile, che egli chiama «destino». E nei suoi scritti la struttura originaria del destino si espande progressivamente dall’iniziale e sconvolgente affermazione dell’eternità di ogni essente – che già aveva scardinato uno dei perni su cui, da Platone in poi, si fonda il pensiero occidentale – al tema che, portando al culmine la sua speculazione, egli affronta qui analiticamente: la necessità che, con il «tramonto della terra isolata dal destino» e con l’apparire della «terra che salva», si manifesti «in carne e ossa» – e al di là di ogni volontà di potenza, umana o divina – la stessa Totalità infinita degli essenti, cioè il modo in cui la vita dell’uomo vi si conserva e vi si identifica.