2006 / pp. 184 / € 22,00 € 20,90
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La Filosofia della musica moderna di Adorno (1949) aveva stabilito una perentoria bipolarità Schoenberg-Strawinsky. A Strawinsky toccava il ruolo del villain, del reprobo, dell’origine ideologico-compositiva di tutte le aberrazioni. Con accigliata faziosità, il testo adorniano imponeva sul panorama del grande Novecento storico il proprio quadro di riferimento. Nel 1972, in un numero dedicato a Strawinsky dello «Spettatore Musicale» appariva questa Riflessione su Strawinsky: un’antitesi, una sfida a quella tesi. Qui l’autore si guarda bene dal cancellare quell’«assiale compartizione»: ma la ribalta radicalmente. Tutto ciò che Adorno aveva argomentato contro Strawinsky viene rivendicato come una serie di geniali scoperte. Dall’opposizione al programma (descrittivo) post-romantico a una concezione oggettiva del comporre, che s’imprimerà sugli autori successivi fino ai nostri giorni. Dal rifiuto dell’espressione (eredità di Beethoven) alla compresenza di modelli progettuali diversi (credo cui si conservò fedele fino alla fine). Dalla prospettiva sghemba delle volumetrie (coeva non a caso del cubismo figurativo) alle segrete formule di certe atmosfere en plein air tranquille, serene, contrapposte all’uso delle dissonanze come trascrizione di strazi apocalittici (il Diktat degli eversori mitteleuropei): in una parola antiespressioniste... E così via, in un sistema di rinvii fondanti il clima post-storico nel quale ci troviamo immersi.
Se Adorno fu, nel suo libro, maestro della prosa, Castaldi non è da meno. Queste pagine scintillanti e impavide hanno mantenuto intatta la loro fragranza provocatoria, e sono oggi un viatico indispensabile per capire di che cosa e come è costituita la musica del Novecento, dalle prime avanguardie fino a Cage.