Alberto Savinio
Opere, III
Scritti dispersi 1943-1952
La Nave Argo, 7
2004, pp. XXII-1899, 1 tav. in bianco e nero f.t.
isbn: 9788845918391
Voluta da Sciascia e apparsa nell’ottobre del 1989, questa silloge di scritti di Savinio è una di quelle imprese a cui si può, una volta tanto con perfetta adesione alla verità, attribuire l’etichetta di memorabili. Anzitutto perché raduna – per usare le parole di Sciascia – «articoli di terza pagina, saggi, prefazioni, risposte a qualcuna di quelle inchieste che nel dopoguerra … i giornali promuovevano» sino ad allora dispersi e che, al di là dell’occasione effimera, «fanno un libro: il libro di una lunga, vivace, ricca, imprevedibile conversazione». Una conversazione che può talora sembrare capricciosa e divagante, ma che in realtà corrisponde a un modo di leggere il mondo, di decifrarlo per ricavarne «ogni possibile felicità. La felicità dell’intelligenza». In secondo luogo perché essa rappresenta il punto d’arrivo di un lungo e intenso colloquio, durato oltre un cinquantennio. Come Stendhal, Savinio sosteneva di scegliersi i suoi lettori e garantiva che fra essi non c’erano né mediocri né imbecilli. Quel che è certo è che Savinio ha avuto in Sciascia, il quale lo aveva scoperto sul finire degli anni Trenta sulle colonne di «Omnibus», uno dei suoi lettori più fedeli. Un lettore acuto, che ha seguito negli anni, collezionandone le opere e, a partire dagli anni Settanta, promovendone con fervore e discrezione la riscoperta. In occasione di questa nuova edizione, la silloge del 1989 è stata non solo sottoposta a rigorosi accertamenti testuali, ma anche incrementata di una ventina di scritti non accolti da Sciascia e arricchita di tre decisivi strumenti: una Nota al testo di Paola Italia, che ricostruisce con cura minuziosa il tragitto di ogni singolo scritto, un indispensabile Indice dei nomi, e un saggio di Alessandro Tinterri che illumina la lunga fedeltà di Sciascia nei confronti di Savinio.