1980 / pp. 156 / € 8,00
1980 / pp. 156 / € 8,00
Tululù, ossia stupidina: così verrà chiamata da sua figlia, con un affetto velato di condiscendenza, Matilde, la candida, struggente protagonista di questo romanzo inedito di Stelio Mattioni in cui lautore, già ammirato da Bazlen e da Wilcock, di Il Re ne comanda una si conferma ancora una volta magistrale narratore di storie, capace di dare a una vicenda di umile quotidianità, a una minima cronaca familiare, il passo e i toni della favola. Abbandonando il piglio grottesco a cui ci ha abituati, Mattioni assume qui, per raccontarci la sua indimenticabile eroina, una tonalità che è insieme dolente e distaccata, compassionevole e ironica. Ma tutto in Tululù è indimenticabile: la descrizione, per pennellate crude e grumose, di una Trieste popolare e anodina; la scansione di un tempo oppressivo e alienante; il delinearsi delle psicologie attraverso lallusività dei tratti, dei gesti, degli stati danimo; la dissoluzione dei rapporti affettivi e sociali colta attraverso dialoghi asciutti e sospesi. È grazie a questa superba economia del montaggio e dello stile che Mattioni riesce a raggiungere una sua rarefatta classicità e soprattutto a fare di Matilde un «cuore semplice» che non si oppone alla crudeltà e allindifferenza degli altri, ma le abbraccia rifiutando sino in fondo di perdere il suo sguardo infantile e pudico, la sua scandalosa innocenza.