2021 / pp. 169 / € 13,00 € 12,35
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Adelphi eBook
2021 / pp. 169 / € 11,99
Scritte da Leonardo Sciascia con una finezza e una leggerezza di dettato sorprendenti in un’opera d’esordio, le giovanili Favole della dittatura (1950) sono anzitutto quello che sembrano: ovvero trasparentissime, appuntite allegorie che denunciano gli orrori della dittatura fascista, da pochi anni conclusa, e di tutte le dittature e le tirannie, con i loro archetipi comportamentali sinistri e grotteschi. Così, nell’uomo «chiuso e rigido dentro tanto splendore», il lettore scorgerà infallibilmente un Ciano o uno Starace: ma soprattutto non potrà non cogliere nella contrapposizione tra lupo e agnello, gatto e canarino, uomo e topo, padrone e asino (o cane) la divisione tra carnefici e vittime, dominanti e dominati; nei corvi (neri) gli integrati e gli organici e nei passeri e nei colombi i disorganici; e ancora in porci, faine, volpi, lumache e talpe altrettante allusioni ai tipi – e ai loro tic – di ogni regime. Come notò Pasolini, che fu tra i primi lettori di queste «favole», «l’elemento greve, tragico della dittatura ha grande parte in queste pagine così lievi, ma è trasposto tutto in rapidissimi sintagmi, in sorvolanti battute che però possono far rabbrividire».
Lo stesso «sapore metafisico» ritroviamo anche nelle poesie pressoché coeve alle Favole, raccolte sotto il sintomatico titolo La Sicilia, il suo cuore (1952). In versi di straordinaria economia espressiva, dove l’autore già rivela la sua innata capacità di contemperare ricchezza di immagini e asciuttezza di scrittura, avvertiamo infatti l’arcana risonanza che si leva dalle descrizioni dei luoghi, come se qui la parola riuscisse a ridurre alla quintessenza l’anima della Sicilia, il suo cuore di ulivi, di mandorli, di roveti, dove risuona «cupo il passo degli zolfatari».