Rudolf Borchardt
L’amante indegno
Biblioteca Adelphi, 311
1995, 2ª ediz., pp. 145
isbn: 9788845911798
Centinaia, migliaia di storie di adulterio sono state pubblicate da quando, nel 1929, apparve L’amante indegno. Ma nessuna somiglia a questa. Perché unico, in Borchardt, è il tono, il gesto sintattico, il circostanziato e implacabile protocollo degli eventi, inseguiti nelle loro più occulte vibrazioni psichiche. Tutto si svolge in poche ore, in una nobile tenuta di campagna. E nobili sono i protagonisti: di una nobiltà tranquillamente desolata, ma che sa nascondere l’angoscia dietro un contegno rigoroso ed elegante. Come se fossero in attesa di una catastrofe innominata e al tempo stesso sottintesa. Giunge un ospite, per una delicata trattativa matrimoniale. In lui l’alta distinzione delle maniere ha qualcosa che suona falso. È l’avventuriero, l’uomo che non appartiene più né ai tempi antichi (che precedono la cesura sanguinosa della Grande Guerra) né ai tempi nuovi (dell’inflazione e dell’imbroglio permanente), colui che, fin dalla sua prima apparizione, riesce, pur diffondendo charme, ad avvelenare l’aria intorno a sé. Due donne, come attirate da un maleficio irresistibile, cadranno nella sua trappola. Una trappola funesta, perché nel mondo di Borchardt non c’è remissione. Dietro l’oscillazione sentimentale traspare la volontà di distruggere e di distruggersi. Forse soltanto Il buon soldato di Ford Madox Ford ha saputo raccontare il tradimento amoroso con altrettanta crudezza, precisione e distacco.