2020 / pp. 135 / € 11,00 € 10,45
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Piccola Biblioteca Adelphi
1979 / pp. 147 / € 12,00 € 11,40 -
Adelphi eBook
2020 / pp. 135 / € 5,99
L’Occidente si è eletto – e perciò anche costretto – a pensare che il divenire sia l’emergere (e il rientrare) delle cose dal niente. Tale fede lo ha sospinto all’estremo limite del nichilismo. A partire da questa precoce intuizione, nel corso degli ultimi decenni Emanuele Severino ha dipanato con rigore la sua meditazione intorno all’essere, al divenire e alla possibilità (o impossibilità) di dire senza contraddizione l’altro da sé, il diverso. Nel suo nuovo libro, che per forza teoretica si spinge ancora oltre lungo la via tracciata in Destino della necessità, Severino mette in questione la definizione aristotelica dell’identità (tautótes) intesa come «dimensione in cui si mantiene ogni tentativo dell’Occidente di pensare l’identità», superando in modo originale l’aporia di fondo: come dire le differenze fra una cosa e un’altra senza per ciò stesso dire che «questo non è quello» e cadere quindi nella contraddizione di dire di un ente che «non è»?
Queste pagine procedono attraverso un serrato confronto con alcuni luoghi classici di Hegel, Aristotele, Platone e Kant: e, come sempre nei libri maggiori di Severino, al lettore resta la sensazione di essere stato guidato a toccare direttamente alcuni dei punti nevralgici del pensiero.