1999 / pp. 150 / € 18,00
1999 / pp. 150 / € 18,00
Scena di questo libro è un’«età fosca»: il Seicento. Epoca di guerre e turbinosi conflitti, grande secolo dell’ombra e della dissimulazione, che suscitò nella letteratura e nel pensiero figure di cui non sappiamo fare a meno. Quel «teatro del mondo», dove si alternano le empie avventure di Don Giovanni e le taglienti riflessioni di Gracián, dove un infido Mazzarino mette in pratica i suoi «dogmi politici» e Retz ricorda le sue trame fallite, è ancora il nostro teatro, con un sovrappiù di tensione e di tenebra. Al Seicento ci volgiamo quando abbiamo bisogno di aggiungere, alla scena dentro di noi, «una pennellata di buio».
Il Seicento, così, non è soltanto una certa epoca e i suoi testi, ma anche l’evocazione di quell’epoca nella mente di certi posteri affini, che possono essere Stendhal o Casanova o Manzoni. Questo gioco delle riverberazioni fra i secoli non poteva incontrare orecchio più percettivo di quello di Giovanni Macchia. E, al centro di questa camera di echi, troveremo la figura del Manzoni, che in quell’epoca passata non solo trovò la stoffa dei Promessi Sposi, ma l’artificio formale più possente e innovatore del suo romanzo: la digressione.