Elio Aristide
Discorsi sacri
Piccola Biblioteca Adelphi, 162
1984, 6ª ediz., pp. 273
isbn: 9788845905667
Questo libro è «la prima e unica autobiografia religiosa che il mondo pagano ci ha lasciato» (Dodds), ma anche in certo modo il primo caso clinico che conosciamo, documentato dal paziente stesso. Tutta la vita di Elio Aristide ruota infatti intorno a un male psichico, mutevole e insidioso. E al tempo stesso intorno alla divinità che salva dal male: Asclepio. Nel santuario del dio, a Pergamo, si compiva il rito dell’incubazione: il paziente andava in quel luogo a sognare, e l’intervento guaritore del dio avveniva appunto nel sogno. Si creava così una sacra intimità fra il paziente e Asclepio. Da essa è dominata tutta la vita di Aristide: questo abile e fecondo retore, sempre oscillante fra la minuziosa ossessività nevrotica e la maestà sciamanica, ha scelto, per raccontare la storia della sua anima, una forma tortuosa, in un perpetuo intreccio fra sogni risanatori ed eventi perturbanti: intreccio di cui è superfluo sottolineare la sconcertante modernità. E un’altra sensazione ci colpisce subito in questo testo: mai avevamo avuto l’impressione di calarci così profondamente nella vita quotidiana di uno scrittore dell’antichità classica. A lungo trascurati per la loro eccessiva stranezza, questi Discorsi sacri, che risalgono al secondo secolo dopo Cristo, epoca della suprema fioritura dell’Asclepieo di Pergamo, vengono oggi riscoperti e rivendicati quale «documento unico, e uno dei più notevoli del mondo antico» (Festugière).