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Giovanni Faldella

Donna Folgore

A cura di Gabriele Catalano

Numeri rossi
1974, pp. XXXIV-430
isbn: id-1541

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SINOSSI

Fra i romanzi italiani dell’Ottocento, così avari di imprese erotiche, per lo più abitati da fanciulle morigerate, spicca come gradita sorpresa Donna Folgore, testo fino a oggi totalmente inedito di uno dei più estrosi scrittori della Scapigliatura: Giovanni Faldella. Qui, finalmente, una vera avventuriera, del migliore stampo, trascinata da un invincibile «vento di lussuria», trascina a sua volta i lettori in una «epopea erotica spaziante per l’Europa», attraverso «avventure strabilianti», dove non mancheranno di intervenire «corone di re e corone di rosario, scimitarre, pugnali e bisturi».
Apprezzato fino a oggi soprattutto come «autore da antologia», per la sua prosa composita e spesso felicemente grottesca, dove egli raggiunge, nelle parole di Gianfranco Contini, una «espressività convulsa nel disegno e deformante nella cromaticità», Faldella riesce in questo libro in un’operazione sorprendente e rischiosa: calare l’amalgama inusitato del suo linguaggio in una vicenda di puro «feuilleton», esasperandone i luoghi comuni con furia beffarda, rimestando inventivamente nella triviale realtà della provincia italiana, qui ritratta con crudele precisione, come nelle zuccherose voluttà orientali e in tutto il «bric-à-brac» della viziosità europea fine secolo. Per il lettore di oggi, sarà inevitabile leggere questo romanzo con gli occhi del «dopo», e cioè di Gadda: e proprio in questa prospettiva Faldella dovrebbe apparire non più solamente come l’abile sperimentatore linguistico di Figurine, ma come uno dei più singolari, moderni e sconcertanti narratori dell’Ottocento italiano.
Nelle intenzioni di Faldella, Donna Folgore doveva essere il terzo quadro narrativo della vasta trilogia Capricci per pianoforte, tutta incentrata sullo stesso personaggio, che dà, volta a volta, il titolo ai tre romanzi: Tota Nerina, pubblicato nel 1887, La contessa De Ritz, pubblicato nel 1891, infine Donna Folgore, che fu scritto quasi interamente negli anni 1906-1909, e forse per qualche scrupolo di moralità in Faldella, è rimasto fino a oggi interamente inedito.

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