2018 / pp. 517 / € 32,00 € 30,40
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Adelphi eBook
2018 / pp. 517 / € 14,99
Troppo a lungo si è detto che il Novecento musicale si muoveva fra due poli – Schoenberg e Stravinskij –, finché (in anni piuttosto recenti) non ci si è resi conto della presenza di un terzo incomodo: Richard Strauss. Incompreso dai fedeli della Nuova Musica e reo di troppo successo, Strauss di fatto percorse per tutta la vita – e fino agli estremi, prodigiosi Vier letzte Lieder – vie non meno audaci, ma più nascoste, dei due teologi nemici della drammaturgia adorniana. Dotato di una «imperterrita capacità di assimilazione stilistica» e contraddistinto dall’invidiabile «abitudine di non sbagliare (quasi) mai», Strauss toccò nella sua carriera, condotta con accortezza d’imprenditore, tutte le capitali dell’impero musicale austrotedesco (da Monaco a Vienna, da Bayreuth a Berlino a Dresda), meritandosi il nomignolo, coniato dal Kaiser, che dà il titolo a questo libro: Hofbusenschlange – serpe in seno, sì, ma di corte. E fu capace, grazie al dominio «di tutte le tecniche, incluse le truffaldine», ora di blandire il gusto del pubblico (che nel 1911 si imbarcava su treni speciali appositamente allestiti per le rappresentazioni del Rosenkavalier), ora di scandalizzarne il perbenismo. Mario Bortolotto ci guida in ricognizione attraverso i pezzi strumentali, i Lieder, i poemi sinfonici, e soprattutto le opere: dai tentativi giovanili ai più noti capolavori alla «parlante inattualità» delle ultime composizioni. Entriamo così, grazie ad un’analisi di scintillante precisione, nell’officina di un talento polistilistico, sperimentando, con evidenza quasi tattile, la sua «onnipotenza» di orchestratore e l’innata maestria drammaturgica. Intessuto di sapientissimi accostamenti e frutto di una conoscenza sbalorditiva dell’opera straussiana, La serpe in seno andrà letto anche come un nuovo pannello della controstoria della modernità musicale che Bortolotto va componendo.