Carlo Emilio Gadda
Accoppiamenti giudiziosi
Adelphi eBook
2011, pp. 485, 4 ill. a colori e in b/n
isbn: 9788845970344
Ha scritto Gianfranco Contini, uno dei massimi critici del Novecento: «Almeno l’Adalgisa, le Novelle o Accoppiamenti e il Pasticciaccio appartengono al canone delle letture indispensabili per un italiano aggiornato all’arte del suo tempo». Che Accoppiamenti giudiziosi figuri in questo canone, a scapito persino della Cognizione del dolore, non stupisce: i diciannove, temerari racconti radunati da Gadda nel 1963 attraversano l’intera sua attività di narratore votato a una incessante sperimentazione, e ne offrono la più autentica essenza. Tanto più che Gadda non ha esitato a includervi frammenti di romanzi quali La meccanica e La cognizione del dolore, quasi a segnalare che questo libro è anche una insostituibile autoantologia. Dove spiccano i frutti urticanti dei suoi furori contro la «sacra e buseccherita città della saggezza moraleggiante ... e stentatamente grammaticante» – vere e proprie «fiammate di odio» che gli facevano dire: «Vorrei essere il Robespierre della borghesia milanese: ma non ne vale la pena». La satira, di irresistibile comicità, divampa come un rogo, riducendo in cenere moralismo benpensante, logica di casta, incrollabili certezze e virtù, e mettendo in fuga dame imperiose e impettite contro i «calamitosi tempi», professori stolidi e reboanti, apoplettici commendatori mecenatoidi, serissimi e operosi professionisti che nella famiglia e nel lavoro trovano «le “soddisfazioni” più alte, la sana gioia del vivere», industriali ossessionati dalla salvaguardia della loro «propria privata privatissima personale proprietà». Un rogo che nell’Incendio di via Keplero si estende, ormai indomabile, a un’intera tranche de vie della «città industre», senza risparmiare più nessuno: neppure la povera Arpàlice Maldifassi, che travolta nella fuga dallo «spietato egoismo della natura umana» slitta giù con il culo di gradino in gradino «in un tobòga orribile» emettendo senari a coppie («sofèghi! sofèghi!»): e stringendo in una mano il sacchetto dei preziosi.