édouard vuillard
«Il parassita che nel 1892 Jules Renard elesse a protagonista di un suo romanzo ... non ha nulla dei suoi antenati, o non gli resta dei suoi antenati che quel maledetto vizio di ogni tempo di sedere alla tavola degli altri e diventare “il convitato abituale”. Per raggiungere i suoi scopi (che non si limitano al mangiare e dormire) si serve della letteratura ... Henri (è questo il suo nome) aspira a divenire l'idolo ben remunerato di una brava famiglia borghese, di un marito lavoratore, di una moglie attenta, che il profumo di una vita diversa, di esistenze godute e perdute alla fiamma della poesia, getta senza alcun bovarismo e col massimo controllo in uno stato di lieve abbandono, di stordito turbamento ... L'impegno che lo sovrasta è quello d'incantarli, soffiando con abilità in quella specie di flauto dolce che è la poesia per chi non la conosce; di trasportarli sul suo illusorio palcoscenico, ov'egli, recitando una vita che non esiste e mai smettendo via via di complimentarsi con se stesso per l'ottimo lavoro che sta eseguendo, potrà cantare alla fine la sua vittoria».
Giovanni Macchia
Uno dei rari grandi archetipi psicologici che la letteratura moderna sia riuscita a creare.