W. Somerset Maugham
Schiavo d’amore
Biblioteca Adelphi, 509
2007, pp. 619
isbn: 9788845921551
W. Somerset Maugham non ha mai dovuto dilungarsi troppo a spiegare che cosa fosse il suo secondo e più celebre romanzo, quello che già alla sua uscita, nel 1915, fece di lui uno scrittore immensamente popolare. In diverse occasioni si limitò infatti a precisare che Schiavo d’amore non era «un’autobiografia, ma un romanzo autobiografico» – e che Philip Carey, pur essendo orfano come lui, medico come lui, e come lui attratto dai lati meno dominabili dell’esistenza, era solo il protagonista di una finzione, e non la controfigura del suo autore. I lettori (allora come oggi) erano quindi liberi di seguire Philip prima durante gli studi a Heidelberg, poi negli anni della bohème parigina, e durante tutto il lungo, tormentoso e distruttivo amore per Mildred, la cameriera reprensibile, perfida e perciò ancor più desiderabile (non a caso Bette Davis ne è stata la perfetta incarnazione cinematografica) che finirà quasi per ucciderlo. Ma se si può anche fingere di credere a quel diabolico illusionista di Maugham quando sostiene di aver prestato a Philip solo i sentimenti, è legittimo sospettare che poche altre volte la menzogna romanzesca – anche la più sofisticata e avvincente, come questa – abbia coinciso in modo tanto fedele e tanto necessario con una quasi feroce autenticità.