W.H. Auden
Lezioni su Shakespeare
A cura di Arthur Kirsch
Biblioteca Adelphi, 501
2006, 3ª ediz., pp. 461
isbn: 9788845921148
Fra l’ottobre del 1946 e il maggio del 1947, con cadenza settimanale, Auden tenne alla New School for Social Research di New York un ciclo di lezioni dedicate al teatro e ai Sonetti di Shakespeare. Ma chi immagini austeri ed esclusivi seminari per dottorandi in letteratura inglese è decisamente fuori strada: Auden si rivolgeva a un pubblico variegato, tumultuoso ed entusiasta di non meno di cinquecento persone – tanto che era spesso costretto a «gridare a squarciagola» e pregava coloro che non riuscivano a sentirlo di non alzare la mano «perché sono anche miope». Armato solo dell’edizione Kittredge delle opere di Shakespeare, della vastità prodigiosa della sua cultura e del suo impareggiabile humour – ma soprattutto della convinzione che la critica è conversazione improvvisata –, Auden parlava a braccio, incantando tutti. Ma anche spiazzandoli con la sua temeraria spregiudicatezza di outsider: anziché affrontare le Allegre comari di Windsor fece ascoltare il Falstaff, sostenendo che la pièce non aveva altri meriti se non quello di aver fornito spunto a Verdi. E giunto alla Bisbetica domata avvertì che non vi si sarebbe soffermato a lungo perché era un totale fallimento – prendendo le mosse da quella stroncatura per un excursus sulla farsa che spazia dal Grande dittatore di Chaplin a irresistibili considerazioni sulla guerra fra i sessi. Ma è forse nella lezione dedicata ad Antonio e Cleopatra, l’opera prediletta, che ci è dato di cogliere le ragioni dell’appassionata adesione del pubblico, giacché anche nelle vesti di critico Auden resta essenzialmente un poeta, capace di parlare a tutti – con la stessa miracolosa leggerezza che attribuiva a Shakespeare.