Anna Maria Ortese
Romanzi I
La Nave Argo, 6
2002, pp. CX-1221, 8 tavv. e 1 carta f.t.
isbn: 9788845917479
I sei romanzi scritti da Anna Maria Ortese nell’arco di un trentennio che è grosso modo il secondo della sua carriera (il primo, L’Iguana, è del 1965, l’ultimo, Alonso e i visionari, del 1996) rientrano a buon diritto nella categoria delle opere cosiddette «a influsso ritardato», destinate cioè a garantire al loro autore fama duratura ma non immediata. Né ci si deve stupire. La loro troppo inedita fisionomia (sul versante della forma-romanzo come della lingua: un «toledano frettoloso, estatico») ha fatto sì che la Ortese trovasse con grande fatica il suo pubblico, un pubblico che, come osserva Monica Farnetti, «solo in extremis l’ha onorata di un’attenzione, e perfino di un fanatismo, cui la scrittrice dopo una vita oscura non poteva più rispondere né oramai dare credito». Eppure – nessuno sembra più dubitarne – la Ortese è degna di figurare tra i grandi protagonisti europei del romanzo novecentesco: pur se nella posizione isolata, perigliosa e di confine, povera di precursori e seguaci, che le assegnano senza scampo l’implacabile potenza visionaria della sua scrittura e la sfrenata rêverie, il «pensiero sognante» che la anima. Pare quindi giunto il momento di riaffrontarne la lettura e di dedicarle le cure critiche, e filologiche, che la sua statura impone: compito primo delle Opere in raccolta, laddove non si limitino a un mero e sterile assemblage di testi. Questo primo volume comprende il grande racconto autobiografico del Porto di Toledo e il dittico che lo integra, Poveri e semplici e Il cappello piumato; seguirà, nel secondo, il ciclo fantastico, rappresentato da L’Iguana, Il cardillo addolorato e Alonso e i visionari. Le accurate Note ai testi ricostruiscono, anche sulla scorta di documenti inediti, l’iter di formazione dei testi, talora vertiginosamente complesso – com’è il caso del Porto di Toledo –, mentre l’Introduzione segue e documenta con l’acutezza e l’elegante naturalezza che derivano da una lunga, amorosa frequentazione, lo sviluppo del sistema narrativo ortesiano: dalla scienza del lutto, dal planctus che innervano il Porto di Toledo alla scrittura empatica e misericordiosa dell’Iguana e dei successivi Cardillo e Alonso, trilogia che compone il più enigmatico bestiario del Novecento e cui è consegnata «una dottrina, un’etica, alla fine dei conti forse anche una mistica, e senz’altro una compiuta e partecipata visione del mondo».