Albert Ehrenstein
Tubutsch
Piccola Biblioteca Adelphi, 448
2000, pp. 78
isbn: 9788845915482
«Mi chiamo Tubutsch, Karl Tubutsch. Dico il mio nome solamente perché non possiedo altro se non questo nome»: così si presenta il protagonista di questo racconto che, quando apparve nel 1911, doveva suonare azzardato e provocatorio. E la sua carica, occorre aggiungere, è rimasta intatta. Bastano poche righe ed eccoci nel territorio di una certa «prosa assoluta» – quella di Gottfried Benn o di Carl Einstein –, costruita come una sequenza di gemmanti associazioni e dissociazioni, in un continuo oscillare fra registri che vanno dall’assurdo di livida tonalità al grottesco esilarante, al disperatamente nichilistico. A parlare non è un soggetto integro, ma lembi di un soggetto che vagabonda per le vie di Vienna. Tutto si collega attraverso brevi e imprevedibili scariche di elettricità verbale. E ovunque sentiamo l’accento dell’espressionismo più puro, dolente ma privo di patetismo. Lo stesso accento che domina nel Suicidio di un gatto, l’altrettanto folgorante racconto che qui si accompagna a Tubutsch.