Vladimir Dimitrijevic
La vita è un pallone rotondo
Piccola Biblioteca Adelphi, 449
2000, 9ª ediz., pp. 146
isbn: 9788845915444
Il calcio pone questioni assai ardue, che forse per la loro intrinseca difficoltà vengono spesso evitate – o mal risolte – nei libri. Per esempio: qual è il limite che accomuna calciatori come Pelé e Platini? Perché Beckenbauer è qualcosa di simile a un epigono di Paul Valéry? Perché questi tre esimi calciatori non reggono il confronto con Diego Armando Maradona? Perché alla finale Brasile-Italia di USA ’94 è mancata l’aura che in genere caratterizza tali cerimonie planetarie? Qual è la colpa esasperante di Helenio Herrera? Quali sono i danni del «calcisticamente corretto»? Per quale maledizione i giocatori brasiliani non sono più capaci di segnare goal «accarezzando la palla»? A cosa si deve la «sclerosi democratica» che annichilisce le partite nella paura e nella noia? E infine: è in grado il calcio, «il re dei giochi», di sopravvivere all’epoca della sua riproducibilità televisiva? Soltanto un uomo temerario e inclassificabile come Vladimir Dimitrijević poteva affrontare questi temi senza batter ciglio. Tanto più che fu grazie al calcio (era un promettente centrocampista) se, dopo un’avventurosa fuga dalla invivibile Iugoslavia degli anni Cinquanta, Dimitrijevic riuscì a ottenere un permesso di lavoro in Svizzera. Un permesso che gli consentì in seguito di fondare la casa editrice L’Âge d’Homme e di pubblicare molte meraviglie della cultura slava moderna, nonché autori improbabili ed essenziali come Albert Caraco.