Cristina Campo
Sotto falso nome
Biblioteca Adelphi, 352
1998, 7ª ediz., pp. 282
isbn: 9788845914263
Dispersi e nascosti in vecchi quotidiani, sulle bandelle di libri dimenticati, fra le carte gelosamente custodite dagli amici più cari, in mezzo a copioni mal archiviati di trasmissioni radiofoniche, e tutti – sempre – protetti da vari pseudonimi, questi scritti, ora strappati all’oblio, non potranno che sorprendere non solo i lettori che per la prima volta incontrano Cristina Campo, il suo culto della perfezione, il suo amore per la bellezza e il magistero del suo stile, ma anche, e forse più, quelli che già la conoscono. Perché Cristina Campo, che di sé amava dire: «scrisse poco, e vorrebbe aver scritto meno», così poco in realtà non scrisse, a giudicare almeno da queste nuove pagine, che vengono a modificare un’immagine ormai consolidata. Pagine che trattano degli argomenti più disparati: le arti figurative, la liturgia, la filosofia della religione, i tappeti persiani e i riti tibetani, le ville fiorentine e la chirurgia francese – e, naturalmente, la letteratura. Fra gli autori meditati, recensiti o annotati, alcuni dei suoi più amati – Borges, D’Annunzio, Capote, Čechov, W.C. Williams, Mörike, Shakespeare –, nonché le «poetesse», le scrittrici di ogni epoca e cultura lette nella prospettiva di cogliere la peculiarità della voce femminile, un suono sempre variato e sempre riconoscibile oltre ogni confine di spazio e di tempo: Katherine Mansfield, Virginia Woolf, Djuna Barnes, Cécile Bruyère, Simone Weil.