Frederic Prokosch
Gli asiatici
Biblioteca Adelphi, 168
1986, 4ª ediz., pp. 357, 1 tav.f.t.
isbn: 9788845906602
Un americano ventiduenne bello, si desume, e di buona fibra sbarca a Beirut e si mette in viaggio. Verso dove? Verso lAsia. «Mi bastava sentire questo nome Asia perché il cuore mi battesse più in fretta». La meta è talmente vasta e indeterminata che il viaggiatore può ondeggiare, secondo i capricci del vento e delle occasioni, senza perdere mai la strada. In realtà, la sua strada è ovunque gli arrivi «il rumore vellutato degli zoccoli dei cammelli». Tutto ciò che la strada può offrire va bene, purché porti più in là. Ogni volta, laria si impregna di umori diversi, poi spazzati via da una folata improvvisa. Rimane il cielo sgombro. E lavventura ricomincia: amori frettolosi fra cocci e molle rotte, su un tappeto di rampicanti; una borsa con tanti barattoli di oppio, gettata vicino a una boa dipinta di viola; la latrina di una prigione turca; una ragazza dai grigi occhi fanatici, con una brocca di ottone accanto a un pozzo; vecchi dallo sguardo inquieto ed esausto, in guerra con la vita; racconti sotto una tenda; paludi salate scintillanti come neve; una principessa persiana, silenziosa bambola di porcellana con la punta delle dita dipinta doro; briganti saturnini; monaci ciarlieri, sporchissimi e insolenti; nuvole galleggianti come fiori di spuma sotto laltopiano; una Maharani corpulenta, con un ghepardo che le lecca le mani; un Rajah vizioso e oxfordiano; un bordello dolciastro in Cambogia; e vari esseri alla deriva, che si ritrovano e tornano a perdersi, di tappa in tappa, da Beirut ai confini della Cina, come se tutta lAsia fosse la galleria di un Luna Park. Ma soprattutto un continuo sfiorare la felicità e la morte, «come un filo dargento per tutto il disegno». Prokosch scrisse questo romanzo quando aveva più o meno letà del suo eroe. Il libro apparve nel 1935 e fu accolto dagli scrittori più illustri come un incantevole libro di vita, ancora vibrante. In verità, il giovane Prokosch aveva vissuto tutto il suo viaggio in una grande biblioteca americana. Non aveva mai messo piede in Asia. Ma i critici entusiasti avevano ragione: in quella catena di avventure asiatiche cè uno sprigionarsi di giovinezza, lo slancio di una ricerca che finisce, appagata, per dimenticare la sua origine. Dissipato in mille frantumi picareschi, tutto il libro è un prolungato, reciproco inseguimento fra lo spirito della giovinezza e lAsia in quanto «terra finale», che si attacca al viaggiatore «come unamante infatuata». E alla fine anche noi, come una voce del romanzo, sentiamo il respiro di questa terra «che passa nel buio».
Di questo libro così hanno scritto:
André Gide: «Una sorprendente impresa dellimmaginazione. Poetico nella sua sensualità, spiritoso nella sua melodrammaticità, urbano nella sua misantropia, incandescente nelle sue immagini: è un romanzo unico, un capolavoro autentico».
Thomas Mann: «Un libro che mi ha stimolato, ossessionato e stregato. Per giorni e giorni, non riuscivo a strapparmi via da questo sorprendente racconto picaresco, abbagliante per talento e spirito audace, avventuroso».
Albert Camus: «Prokosch ha inventato quello che si potrebbe chiamare il romanzo geografico, dove mescola sensualità e ironia, lucidità e mistero. Ci trasmette un senso fatalistico della vita seminascosto sotto una ricca energia animale. È un maestro degli stati danimo e delle suggestioni, un virtuoso nel dare lo spirito del luogo, e scrive con uno stile di agile eleganza».