Elias Canetti
La lingua salvata
Storia di una giovinezza
Biblioteca Adelphi, 95
1980, 13ª ediz., pp. 365
isbn: 9788845904172
Fin dal suo apparire, nel 1977, questa «storia di una giovinezza» è stata accolta da molti come un «classico immediato», uno di quei libri destinati a restare, che coinvolgono profondamente ogni specie di lettori. Con la sua prosa limpida, tesa, vibrante in tutti i particolari, Canetti è qui risalito ai suoi ricordi più remoti, cercando di ritrovare nella propria vita quella difficile verità che solo il racconto può dare. Dopo aver vagato per decenni fra migliaia di miti, di fiabe, di trame, si è rivolto a quell’unica storia che per ciascuno di noi è la più segreta ed enigmatica: la propria.
È una storia che comincia in una piccola città sul basso Danubio, dove «in un solo giorno si potevano sentire sette o otto lingue». In quella variopinta mescolanza di genti erano da tempo insediati i Canetti, dinastia di agiati commercianti ebrei di origine spagnola, tutti segnati da un forte «orgoglio di famiglia». Fra i primi ricordi incontriamo quello del grande magazzino del nonno, in cui si vendevano coloniali all’ingrosso, con il suo «odore meraviglioso», con i suoi sacchi di lenticchie, di avena, di riso, dove il bambino affondava le mani. Da quello scenario arcaico e variegato, commisto di Oriente e di Occidente, il cui sapore intride tutte le primissime esperienze del piccolo Elias, si verrà sbalzati, nel giro di pochi anni, in vari altri mondi: prima l’Inghilterra, dove si delinea la figura del padre, che lì muore improvvisamente, giovanissimo; poi Vienna, con lo scoppio della prima guerra mondiale, e infine Zurigo, il «paradiso» da cui Canetti sarà cacciato, adolescente, alla fine del libro. In tutte queste peregrinazioni vedremo svilupparsi un rapporto madre-figlio di una tale intensità, violenza, sottigliezza che potrebbe anche apparire inverosimile, se ogni parola non avesse il «suono giusto». Canetti è qui riuscito nell’impresa di trasporre la figura della madre dalla sempre dubbia verità delle «memorie» alla verità assoluta della letteratura.
Una passionalità smisurata lega questi due esseri, e il bambino di cui qui si racconta conosce in pochi anni, nel rapporto con la madre, tutti gli estremi della tenerezza ma anche della gelosia, della dedizione ma anche del feroce conflitto. E intanto assistiamo al nascere in lui di quella avida vocazione che poi lo accompagnerà sempre: innanzitutto nel rapporto con il linguaggio e con la parola scritta. Rapporto di superstiziosa venerazione, come di fronte a immense potenze cosmiche. Così la scoperta dei libri, degli scrittori, la scuola stessa – tutto si presenterà come uno di quegli appassionanti resoconti di esploratori che allora i bambini usavano leggere. E il ricordo si fermerà, via via, su una costellazione di scene, di personaggi, di apparizioni che mantengono nella scrittura l’intatta vivezza, l’emozione sospesa e irripetibile di ciò che succede per la prima volta.