Quindici orfanelle conducono una vita di «serena allegria» e «buona volontà» in un collegio che sembra un convento. Dal centro di una vasca di pesci rossi le guarda, e le protegge, la statua della loro santa. E il desiderio comune delle orfanelle felici, e testardamente indifferenti al mondo di fuori, è di rimanere per sempre in quella villa, abbandonate all’ebbrezza della totale obbedienza.
Ma un giorno arriva una nuova orfanella, dall’improbabile nome di Enea. È «be-lli-ssi-ssi-ssi-ma», sussurrano tutte, ha gli occhi lilla e i capelli corvini: nel mondo limpido e trasparente del collegio la sua presenza porterà il vento del mondo di fuori, darà alle altre nuovi occhi per vedere «chiazze scure» anche nelle loro linde aule.
E qui comincia un intreccio che precipita sempre più rapidamente verso gli ambigui turbamenti, i segreti inconfessabili, il sangue e la morte, con una serie di imprevedibili volute.
Steso in forma di diario da una delle orfanelle, guizzante e troppo chiaro per non mettere in sospetto, questo romanzo ha un raro dono di leggerezza, ironia e nitidezza di immagini. Molto dice e ancora di più lascia presagire, man mano che l’azione disegna gli enigmi di un giallo, e intanto getta delicate sonde, quasi inavvertite, in grandi temi: la necessaria tortura del conoscersi, la crudeltà e la doppiezza dell’innocenza. E, fra le righe, apparirà anche, come un omaggio a un illustre precedente: il Mine-Haha di Wedekind.