Louis Dumont
La civiltà indiana e noi
Piccola Biblioteca Adelphi, 195
1986, 3ª ediz., pp. 161
isbn: 9788845902154
Più ostica ancora della sua letteratura folta di dèi è sempre apparsa all’Occidente la concezione indiana della società. Così il sistema delle caste si è attirato numerose condanne, fondate su conoscenze assai vaghe. Poco prima di pubblicare il suo fondamentale Homo hierarchicus, che ha al suo centro un’interpretazione della società delle caste, Louis Dumont ha voluto con questo breve saggio sgombrare il cammino dagli equivoci più tenaci che lo ostruiscono. Fedele all’insegnamento di Mauss, si è preoccupato innanzi tutto di ciò che risultava dall’«inventario delle categorie» indiane e occidentali. E subito ha rilevato discordanze tali da giustificare molti malintesi. A differenza dell’Occidente, per esempio, l’India scinde gerarchia e potere. Il sacerdote è il primo fra gli uomini, ma non rivendica il potere. Il re regna, ma è sottomesso spiritualmente al sacerdote. Più in generale, quella interdipendenza che in Occidente è data dall’intreccio delle attività economiche, per l’India è una categoria religiosa: anzi, si potrebbe dire, la categoria, su cui tutto si costruisce. Nulla, nella visione indiana, esiste in quanto isolato. Tutte le volte in cui noi vediamo l’individuo indivisibile che opera, l’India percepisce la totalità. Per essa, in accordo con una concezione antichissima, l’individuo è il rinunziante, colui che opera fuori dal mondo, non all’interno di esso. Una tale struttura mentale, del tutto opposta a quella occidentale, è però capace di sostenere un edificio quanto mai complesso e articolato. Dumont ci aiuta a riconoscerne le nervature e insieme ci costringe a riconoscere la singolarità e improbabilità delle nostre categorie: primo passo per capire l’India e noi stessi.
La civilta indiana e noi fu pubblicato per la prima volta nel 1964 nei «Cahiers des Annales».