A cura di Claudio Rugafiori
2021 / pp. 200 / € 18,00 € 17,10
2021 / pp. 200 / € 18,00 € 17,10
-
Opere di René Daumal
1970 / pp. X-210 / € 0,00 -
Adelphi eBook
2021 / pp. 200 / € 10,99
La definizione del più alto grado di significato cui possa tendere il linguaggio delle parole, quello che conferisce a una parola il titolo di Poesia: ecco il tema, benché non esclusivo, intorno al quale si muove la ricerca di René Daumal, poeta e specialista della lingua sanscrita, morto a 36 anni nel 1944. Tale ricerca presuppone una certezza interiore assoluta e il progredire sempre più intenso verso un centro che corrisponde alla propria vera personalità.
Il volume, destinato a offrire al lettore una conoscenza dell’opera «saggistica» di René Daumal, si compone di sette studi, scritti tra il 1932 e il 1943 – che costituiscono la parte più rilevante della sua attività di «pensatore» e sono qui ordinati cronologicamente –, e di tre sezioni: «Patagrammi», «Apologhi», «Poesia nera e poesia bianca», che intendono essere soprattutto indicative delle tre maniere del discorso di Daumal: quella patafisica, quella pedagogica, quella del discorso poetico.
In questa raccolta, le traduzioni dalla lingua sanscrita (Natura essenziale della poesia, Le origini del Teatro di Bhârata) e i saggi sulla poetica indù ripetono, a diversi gradi, un medesimo discorso; le traduzioni del primo capitolo del Sâhitya-darpana e del primo capitolo del Nâtya-sâstra, infatti, costituiscono l’esemplificazione del materiale su cui Daumal ha elaborato il lungo studio «I poteri della Parola nella poetica indù», mentre l’ultimo saggio di questa scelta, Per avvicinare l’arte poetica indù, offre una sintesi, ma anche un allargamento, delle ricerche sulla poetica nel suo complesso. Del pensiero indù, Daumal ha inteso approfondire soltanto le scienze del linguaggio; le ragioni di tale predilezione risultano evidenti in questo passaggio: «Non posso accedere direttamente agli inni vedici non essendo bramano; né alle Upanishad non essendo un sannyâsin. Non posso che lasciarmi illuminare, di quando in quando, dalle loro luci. I trattati di liturgia, di diritto, di architettura, di strategia, di veterinaria, di furto... e cento altri per mezzo dei quali la dottrina una scende nelle diverse attività umane, non sono per me. Ma io, di mestiere, sono scrittore e vorrei un giorno essere poeta. La porta che per me si apre sulla tradizione indù è dunque quella delle scienze del linguaggio, della retorica e della poetica».