A cura di Serena Vitale
2019 / pp. 287 / € 14,00 € 13,30
2019 / pp. 287 / € 14,00 € 13,30
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Adelphi eBook
2019 / pp. 287 / € 7,99
Sono qui raccolte le lettere scritte da Marina Cvetaeva dal dicembre 1925, anno in cui lasciò la Boemia per la Francia (Parigi, dapprima, poi sempre più miseri sobborghi della capitale), al 31 agosto 1941, giorno in cui morì suicida a Elabuga, una cittadina della Repubblica Autonoma Tatara dove era sfollata insieme con il figlio (il libro si chiude con le tre brevi lettere che la Cvetaeva lasciò come messaggi d’addio). Strutturato in due sezioni – le lettere dalla Francia fino al giugno 1939 e dall’Unione Sovietica fino all’agosto 1941 –, il volume ricostruisce le fasi più drammatiche della vicenda di Marina Cvetaeva: la miseria e l’isolamento in cui, dopo l’iniziale successo, visse a Parigi, la tragedia che si abbatté sulla sua famiglia quando si scoprì che il marito, coinvolto in un clamoroso affaire politico, era un agente sovietico, il forzato ritorno in Unione Sovietica per ricongiungersi al marito e alla figlia, l’arresto dei due subito dopo l’arrivo a Mosca della Cvetaeva, la tremenda vita da paria (ex emigrata, moglie e madre di condannati politici) che questa condusse nella «patria» ritrovata, senza un tetto, senza danaro, sfuggita da tutti, tranne che da Pasternak e pochi altri amici, fino all’orrore della guerra, allo sfollamento, al suicidio.
I «capitoli» più consistenti di questo «romanzo in lettere» sono quelli indirizzati a Rainer Maria Rilke, a Boris Pasternak, alla amica boema Anna Tesková, a Solomeja Halpern. Le lettere scritte in Unione Sovietica, che assomigliano sempre più a implorazioni d’aiuto, sono anche agghiaccianti testimonianze della vita quotidiana nel periodo staliniano.