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Joseph Roth

Zipper e suo padre

Traduzione di Elisabetta Dell'Anna Ciancia

Adelphi eBook
2015, pp. 172
isbn: 9788845977145

€ 7,99
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IN COPERTINA
Max Beckmann, Quappi con collo di pelliccia bianca, 1937 (Collezione privata, Monaco).
MAX BECKMANN by SIAE 2004
SINOSSI

Il narratore di questo romanzo, che Roth presenta come una «cronaca», conosceva bene il vecchio Zipper e suo figlio: aveva condiviso la loro vita in tempo di pace, in tempo di guerra (la prima guerra mondiale), e negli anni dopo la guerra. All’inizio, il giovane Zipper è solo un compagno di classe lentigginoso, che nomina sempre suo padre, come fonte di ogni autorità; e il vecchio Zipper è un uomo piegato dalla fatica dell’enorme passo che ha compiuto: nato proletario, è diventato piccolo-borghese, e ora difende con le unghie la sua conquista, aggirandosi nella sua vita come fra i sedicesimi scompagnati di una enciclopedia popolare. Il vecchio Zipper voleva disperatamente sapere, perché pensava che il sapere portasse al successo nella vita: ma la sua vita è rimasta misera, e allora tutti i suoi sogni si depositano sul figlio Arnold. E, come sempre, il figlio non corrisponde ai sogni paterni: rispetto al vecchio, ha «un temperamento più malinconico, un cervello più fino e una pelle meno dura». La somiglianza fra padre e figlio è molto più profonda e misteriosa – e a scandagliarla è dedicato questo amaro romanzo. È una somiglianza in qualcosa che li sovrasta, e che si può chiamare destino, ricordando che «nella vita degli Zipper il destino non aveva mai una forza primordiale e prorompente. Aveva il lento, tedioso modo di operare del tarlo». Joseph Roth, che tante volte avrebbe narrato storie dove il destino e la favola si sovrappongono, per una volta ha voluto illuminare l’altra faccia del destino, quella in cui si mostra un ingranaggio oscuro, impersonale, freddo. E lo ha fatto isolando una storia esemplare degli anni di Weimar, gli anni del cinema proliferante, degli sradicati, degli arraffatori, anni dove due generazioni in apparenza lontanissime vennero a confluire nella disperazione e nel fallimento, sulla base della comune esperienza della guerra: «Tutti i vecchi Zipper erano sotto le armi, e i giovani pure. Milioni di Zipper sparavano e morivano, e centinaia di migliaia impazzivano». Questa è una storia di illusioni: quella del vecchio Zipper, che suonando il violino pensa di essere un musicista e approfitta delle pause per «lanciare attorno uno sguardo compiaciuto, come un artista che colga un lontano applauso percepibile a lui solo»; quella del giovane Zipper, che vagheggia l’America, si innamora di una giovane attrice – tipica creatura dei tempi nuovi – e si lascia beffare da lei. Senza saperlo, padre e figlio sono colpiti dalla stessa condanna. E a condannarli è semplicemente il tempo che passa, l’irrompere di un’epoca che li schiaccia. Così il violino amato da Zipper padre torna nelle mani di Zipper figlio: ma ora dovrà suonarlo per fare da spalla a un celebre clown. Alla fine, seduti a un tavolo nella penombra, Zipper e suo figlio sembrano due fratelli: «Entrambi stavano seduti nella sera come in una barca, e veleggiavano lentamente, folli e beati, incontro al medesimo destino».
Pubblicato nel 1928, Zipper e suo padre viene qui proposto per la prima volta in traduzione italiana.

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