Laurie Lee ha ventitré anni quando, un giorno d'inverno del 1937, parte alla volta della Spagna per combattere per la causa repubblicana. Questo libro è il racconto delle sue avventure durante quella tragica pagina di storia, in una terra dove tutto ciò che incontra è estremo: la natura asperrima dei luoghi, la durezza del clima, la scarsità di cibo. Ma lui non batte ciglio. Così un episodio atroce come la guerra civile spagnola, trattato per una volta senza retorica, ci appare di colpo nuovo. Lorenzo – questo il suo nome di battaglia – si ritrova fra i tanti uomini di ogni tendenza ideologica accorsi da tutto il mondo nelle brigate internazionali: una congerie che sarebbe eufemistico definire sprovveduta. Già le esercitazioni – gli assalti alla collina con i fucili finti, e in cima le mitragliatrici simulate battendo con i bastoni sulle latte d'olio – danno un'idea di come andrà a finire. I «nostri» devono ancora imparare che «l'idealismo non ha mai fermato un carro armato» – e non fermerà quelli di Franco, pesantemente equipaggiato da tedeschi e italiani. L'occhio di Laurie Lee, la sua felicità di lingua e di scrittura illuminano momenti, luoghi, uomini con un fascio di luce vivissima, e il racconto, insieme ingenuo e clinico, resta dolorosamente lieve a dispetto di tutto, fino al ritorno «senza onore» a Londra – poiché «entrare in Spagna e in una guerra» fu «sin troppo facile», ma «uscirne lo fu ancora di più».
La guerra di Spagna in un vivido racconto in presa diretta – un libro dolorosamente felice a dispetto di tutto, anche della morte.