Leonardo Sciascia
Fine del carabiniere a cavallo
Saggi letterari (1955-1989)
Biblioteca Adelphi, 647
2016, 2ª ediz., pp. 246
isbn: 9788845930515
Nel caso di Sciascia, che rivendicava il diritto di essere «saggista nel racconto e narratore nel saggio», le etichette, si sa, funzionano male, mostrano tutti i loro limiti. Ma anche all'interno di una categoria in apparenza inscalfibile come quella qui utilizzata per il sottotitolo, i conti alla fine non tornano, e il cartellino, pur necessario, appare riduttivo. Perché la vastità delle letture di Sciascia (sono qui radunati interventi sul Furioso di Ariosto e l'Ulisse di Joyce, su E.M. Forster e Lawrence Durrell, su Ivo Andric e Calvino, su Montale e Bufalino, per citarne solo alcuni), ma soprattutto la mobilità del suo pensiero e l'incrollabile certezza che la letteratura può decifrare la realtà fanno sì che ogni saggio sia un luogo della libertà, un porto franco dell'intelligenza, una scena sulla quale si materializzano figure, temi, tempi del tutto imprevedibili e che ci portano molto lontano da dove eravamo partiti. Non stupisce allora che l'amato Pirandello venga chiamato in soccorso per spiegare un fatto di cronaca – quello del folle che aveva la mania di introdursi in un convento per spiare le suore – o che un sonetto del Belli dove si menziona l'istituzione pontificia dell'impunità illumini il fenomeno del pentitismo o che, viceversa, le paure e le superstizioni legate al diffondersi dell'Aids, responsabile di una nuova caccia all'untore, evochino il ricordo di Buzzati, di Stevenson, di Bubu di Montparnasse. Ma Sciascia, non scordiamolo, è irrimediabilmente affetto da stendhalismo (come del resto un altro dei suoi autori prediletti, Savinio), sicché trasparenza e dilettantismo – nel senso di 'dilettarsi della vita' – affiorano in ogni lettura e in ogni scoperta, e trasformano questo libro in un «dislargo di orizzonte».
Un libro che regala a ogni lettore un «dislargo di orizzonte».