Siamo negli anni Venti. Una banda variopinta di esemplari della jeunesse dorée inglese, che il ricchissimo e affascinante Max ha invitato a sue spese a una partita di piacere in Francia, si è data appuntamento alla stazione. Un topos della narrativa, insomma. Ma ci avverte V.S. Pritchett Green appartiene alla «vena pazza» della letteratura inglese. Così una fitta nebbia grava sulla stazione (e sulla storia), una sostanza grigia che pervade subdolamente ogni cosa, provocando scompiglio e disorientamento: i treni infatti non partono, e ben presto si raduna una massa di pendolari potenzialmente pericolosi che induce i festaioli a rifugiarsi nellalbergo sopra la stazione. «Dalla prospettiva del capestro», costoro hanno modo di osservare quella che ha tutta laria di una mandria in attesa di essere macellata, con le valigie sparse e variamente pencolanti nelloscurità come lapidi di un abnorme cimitero. E tutti si scoprono persi ma non desisteranno dalla loro principale attività, che è civettare e sparlare, complici come sono nello sforzo di mantenere viva la conversazione. «Green» sono ancora parole di Pritchett «è dentro lo zoo umano, assorto, e di tanto in tanto lancia un'occhiata triste e stupefatta alle sbarre di cui si era momentaneamente dimenticato».