2011 / pp. 155 / € 18,00 € 17,10
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«Me lo portarono a casa un mattino di luglio, spoiolato e smembrato a colpi di scure come un maiale ... Lo stesi sul tavolo di granito del cortile, quello che usavamo per le feste grandi, e lo lavai col getto della pompa ... Pthù! Maledetti siano quelli che gli hanno squarciato il petto per strappargli il cuore con le mani e prenderlo a calci come una palla di stracci!». Così, con questa visione di una «pietà» barbaricina, comincia il racconto di Mintonia Savuccu, un racconto che viene da lontano, scritto a caldo per non dimenticare e per attutire il dolore, e inviato dall’Argentina, all’approssimarsi della morte, alla nipote rimasta al paese. Sin dalla prima pagina il lettore si trova immerso in un mondo arcaico e feroce, quello della Barbagia fra le due guerre. È qui che Mintonia e Micheddu si conoscono e si amano con l’urgenza prepotente ed esclusiva che è propria degli amori infantili. E continueranno ad amarsi anche quando Micheddu dovrà darsi alla macchia, anche quando Mintonia, «femmina malasortata», dovrà vederlo solo di nascosto e passare ore di angoscia a pensarlo braccato. Perfino quando le diranno che Micheddu ha fatto un figlio a un’altra donna. Il giorno in cui glielo uccideranno a tradimento Mintonia deciderà di lasciare quel paese maledetto, di andarsene altrove. Prima, però, compirà la sua vendetta: la morte di Micheddu non può restare impunita.
Dopo La leggenda di Redenta Tiria – che è stato accolto con entusiasmo dai lettori italiani ed è in via di traduzione in quasi tutti i Paesi europei –, questo romanzo è un’altra prova, del tutto diversa e altrettanto intensa, dell’arte narrativa di Salvatore Niffoi.