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William Carlos Williams

Nelle vene dell’America

Traduzione di Aldo Rosselli, Rodolfo Wilcock

Biblioteca Adelphi, 24
1969, 3ª ediz., pp. 307, 1 tav.
isbn: 9788845917158

€ 16,50  (-5%)  € 15,68
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IN COPERTINA
Albert Bierstadt, Paesaggio montuoso alla luce della luna (1871). The Corcoran Museum of Art, Washington.
SINOSSI

«Avevo cominciato a pensare di scrivere Nelle vene dell’America, uno studio in cui avrei tentato di scoprire per me stesso che cosa potesse significare la terra dove, più o meno accidentalmente, ero nato ... Il progetto era di entrare nella testa di alcuni fondatori o, se volete, “eroi” americani, attraverso l’esame delle loro testimonianze. Volevo che non ci fosse niente fra me e i documenti della loro vita: la traduzione di una saga norvegese, The Long Island Book, il caso di Eric il Rosso, sarebbero stati l’inizio; poi il diario di Colombo; le lettere di Hernán Cortés a Filippo di Spagna; l’autobiografia di Daniel Boone, e così via, fino a una lettera scritta da John Paul Jones a bordo del Bon homme Richard dopo la sua battaglia con la Serapis». Così W.C. Williams avrebbe ricordato, nella sua Autobiografia, il libro che qui si presenta, pubblicato per la prima volta nel 1925 e ormai classico: un’opera che costituisce un genere a sé, l’autobiografia di un continente, affidata a un medium proteico, che ‘entra nella testa’ di conquistatori e vinti, puritani e avventurieri, bianchi e indios, e altrettanto sa entrare nella linfa di una natura troppo ricca, «la bellezza di orchidea del Nuovo Mondo», predestinata dal suo eccesso intatto allo stupro e al saccheggio. Attraverso le tante storie, W.C. Williams segue una parabola della storia occulta: come l’ultimo continente altro della terra abbia attirato «inevitabilmente» la vendetta da parte del mondo della storia, come questa vendetta si sia poi riprodotta e ingigantita nel tempo, convogliando in una volontà feroce di autodistruzione le forze smisurate del continente. L’avvenimento centrale della storia americana si rivela così essere un atto di violenza contro il suo fondo autoctono, quasi ritualmente ripetuto in sempre nuove varianti dal tempo dei conquistatori a oggi.
Non meno che nelle sue grandi liriche, W.C. Williams ha ritrovato in questo libro il respiro dell’origine: tornando indietro nella storia ha fatto risalire la parola verso la precaria perfezione del linguaggio che nomina le cose per la prima volta.

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