Bruno Barilli
Il Paese del melodramma
2000, 2ª ediz., pp. 155
isbn: 9788845915246
Quando apparve nel 1930, Il Paese del melodramma fu come un colpo di scure piantato sulla tavola impeccabilmente imbandita dei musicologi «competenti», per i quali Verdi coincideva solo con la «verve discreta e senile» del Falstaff. Contro quegli «intellettuali accantonati ed ostili» Barilli rivendicava la grandezza perentoria e insindacabile del Verdi del Trovatore e dell’Aida. Oggi la causa di Verdi è ampiamente vinta, sicché il lettore potrà concentrarsi sulle fascinazioni descrittive ed evocative del capolavoro di Barilli. Sugli sfondi ambientali, anzitutto, a partire da una Parma simile a un «dedalo di straducole, porticati, tane e borghetti carichi di passione, di violenza e di generosità»; poi sulla disamina di singole opere, sempre sintetizzate in modo geniale e obliquo, dal Matrimonio segreto al Barbiere di Siviglia; e infine sui personaggi: dai grandi musicisti come Cimarosa e Puccini alle «prime donne» del canto, dal violinista di strada Migliavacca al contrabbassista virtuoso Giovanni Bottesini.
Questo affresco formicolante e metamorfico trova il suo mastice soprattutto nella stupefacente forza dello stile, che accumula arcaismi e neologismi, rigore e stravaganza, sinestesie e ossimori, metafore ora aggressive e accese, ora geometriche e gelate, amalgamando il tutto con una coerenza euforica e temeraria, così come in un difficile e capriccioso contrappunto ogni voce concorre a formare la voce, quella che l’ascoltatore non può dimenticare.