William S. Burroughs
Checca
Fabula, 114
1998, pp. 126
isbn: 9788845914089
In una sterminata suburra, che Burroughs avrebbe poi definito «Interzona», e che qui va da Città del Messico, capitale mondiale del delitto («il cielo di un azzurro che si intona con i cerchi degli avvoltoi»), a Panama, Lee, alter ego dello scrittore, tesse la sua amorosa tela intorno a Allerton, un giovane ambiguo, indifferente come un animale. Si aggira in locali sempre più sordidi, bazzicati da una fauna putrescente, e così divagando, picaro alieno, ci regala schegge radioattive del suo nerissimo humour. Per risolvere le sue ossessioni mortifere e sessuali parte col compagno renitente alla ricerca dello Yage, droga assoluta, capace di dare il controllo totale sui cervelli, e dunque concupita da Russia e Stati Uniti – e da ogni amante. Sa che con Allerton non potrà trovare ciò che desidera: il «tribunale della realtà» ha respinto la sua istanza. E tuttavia non può rinunciare. «Forse riesco a scoprire il modo di cambiare la realtà dei fatti» pensa – ed è pronto a correre ogni rischio. Come un santo o un criminale ricercato, Lee non ha niente da perdere. Ha superato le pretese della sua carne molesta, cautelosa, che invecchia con terrore, e può dire di sé: «Io sono disincarnato». Con questo romanzo, che risale agli inizi degli anni Cinquanta, affiora per la prima volta il paesaggio allucinato che oggi ormai porta il nome di Burroughs.
Secondo, favoleggiato romanzo di Burroughs, occultato per più di tre decenni (apparve solo nel 1985), Checca nasce da un avvenimento taciuto con cura: la morte della moglie Joan, uccisa con un colpo di pistola dallo scrittore sotto l’effetto della droga.