Colette
Julie de Carneilhan
Piccola Biblioteca Adelphi, 404
1997, pp. 164
isbn: 9788845913488
Colette concepiva spesso i suoi libri come una forma più o meno esplicita, più o meno sottile e più o meno definitiva di vendetta, e sapeva poi occultare questa stilla incandescente sotto le sue minime, e perfette, architetture narrative. In ogni altro scrittore tale condotta sarebbe semplicemente un aspetto del mestiere fra i tanti; in Colette diventa, a volte, un’arte minore, che in Julie de Carneilhan ha uno dei suoi capolavori.
A partire da qualche antica pendenza coniugale irrisolta, infatti, Colette imbastisce qui una vicenda di debiti e crediti che oppone Herbert d’Espivant, un seduttore professionale con «tutto il cattivo gusto, tutta la grossolanità di un istrione», alla sua ex moglie Julie, bella, non più giovane, a corto di mezzi, ma da sempre «all’altezza di qualsiasi dramma, purché fosse d’amore». Le schermaglie, i battibecchi, i reciproci inganni dei due danno luogo a una commedia in quattro atti che ha tutta la grazia di Marivaux e, a tratti, tutto il veleno di Strindberg – una commedia dove però, più che l’intreccio e il suo amaro scioglimento, conta la scena della vita materiale di Julie, quel patetico e ostinato susseguirsi «di lavori di casa e di cucito, di gonne rivoltate, di cenette improvvisate su un tavolino da gioco» da cui Colette fa a poco a poco emergere il ritratto impietoso di una donna che «aveva vissuto a lungo fra le menzogne, prima di optare con un atto di follia per una vita di ristrettezze, ma genuina, in cui perfino la sensualità si concedeva soltanto emozioni autentiche».
Julie de Carneilhan è apparso per la prima volta nel 1941.