Claudio Eliano
Storie varie
A cura di Nigel Wilson
Biblioteca Adelphi, 323
1996, 2ª ediz., pp. 321
isbn: 9788845912122
Scrisse Nietzsche che un pettegolezzo di Diogene Laerzio gli serviva di più, per capire uno dei sommi filosofi greci, che non vaste trattazioni speculative. E questa sensazione si cela in ciascuno di noi quando ci avviciniamo alle testimonianze del mondo antico: vorremmo conoscere, di quel mondo, tanti aspetti estranei a ogni monumentalità ma al tempo stesso capaci di farci cogliere l’episodio, l’aneddoto, la credenza, il caso nella loro immediatezza. Allora Eliano può venirci in soccorso: questo eccentrico raccoglitore di schegge di realtà, vissuto a Roma fra il II e il III secolo d.C., optò per il greco come lingua letteraria e mise insieme le Storie varie senza altro criterio avvertibile se non quello della collezione di singolarità (naturali o storiche o favolistiche). Così il suo libro ha navigato attraverso i secoli come un guscio di noce, approdando infine a un’epoca, la nostra, dove potrebbe essere catalogato fra quelli «che sembrano inventati da Borges». Come poche altre opere, questa di Eliano ci dà il senso preciso, e prezioso, del fatto che il passato è innanzitutto qualcosa che si è inabissato, qualcosa di assente che può tornare davanti ai nostri occhi grazie al caso fortuito che ha permesso di sopravvivere a una colonna – o a un aneddoto. Di tutto il passato si può dire che è come il sandalo sublime della cortigiana Rodopi, caduto dal cielo.