Adrien Baillet
Vita di Monsieur Descartes
Biblioteca Adelphi, 319
1996, pp. 300
isbn: 9788845912078
Pallido, afflitto da una tosse secca, il piccolo Descartes interrogava il padre con «insaziabile curiosità» sulle «cause e gli effetti di tutto ciò che gli capitava di osservare». Presto, in un collegio di Gesuiti, scoprì la sua passione dominante, anzi esclusiva: acquisire «una conoscenza chiara e certa di tutto quanto è utile alla vita». È difficile figurarsi oggi che cosa di sconvolgente e innovatore implicassero quelle scabre parole all’alba del secolo diciassettesimo. Eppure erano sommamente eversive. Dinanzi a un sapere che si presentava innanzitutto come accumulo e congerie di opinioni, il collegiale Descartes osava proclamare che il verosimile può essere il primo nemico del vero. E andava alla ricerca di una certezza che non somigliava a nessuna di quelle che lo avevano preceduto. Ma con lui non si manifestava solo un genere, fino allora intentato, di pensiero. Descartes fu un soggetto, una psiche, l’esemplare di una varietà antropologica che si faceva avanti e si mescolava, con una voluttà ignota agli antichi, alla folla anonima di una città di commerci: Amsterdam. Così apparve il moderno, senza farsi riconoscere (larvatus prodeo, «avanzo in maschera», fu motto di Descartes), ma con micidiale efficacia. Nel 1691, a non molti anni dalla morte di Descartes, Adrien Baillet, un erudito che viveva letteralmente sepolto fra i libri, ne tracciò la vita con la sobrietà e il candore di un cronista ammirato – e il suo resoconto ci appare oggi come uno di quei grandi libri involontari dove una luce misteriosa ci fa cenno dietro le spalle dell’autore.