2014 / pp. 444 / € 34,00 € 32,30
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Nel castello di Gaeta un sottotenente della Guardia di Finanza, in servizio di prima nomina, scrive lunghe lettere al fratello. Per testimoniare non una vocazione di «scrittore», che fin da allora avverte come estranea, ma l’urgenza di qualcosa che osa dichiararsi «profetico». Suo fondamento è una intensa e solitaria lettura della Bibbia, accettata nella sua interezza e nelle esigenze estreme della sua parola. Oggi, a distanza di quarant’anni, ciò che subito colpisce in questo libro è la straordinaria «continuità» con quelli che lo hanno seguito nell’opera di Quinzio. Pochi autori potrebbero dire con altrettanta convinzione, come qui accade, «sono rimasto quello che ero». Mentre la prospettiva temporale dà ancora più risalto alla voce di Quinzio. È palese, infatti, ciò che egli ha annotato nell’introduzione a questa nuova edizione del suo primo libro: «Gli avvenimenti hanno in gran parte confermato e aggravato il senso di disfacimento che allora sentivo incombere sulle nostre società. La mia lettura apocalittica della storia, misurata con il metro della fede cristiana, è rimasta sempre immutata, e la vivo con la stessa intensità ora come allora, con la stessa speranza e la stessa disperazione».