Tommaso Campanella
La Città del Sole
Piccola Biblioteca Adelphi, 340
1995, 9ª ediz., pp. 179
isbn: 9788845911118
«Come modello di repubblica da imitare, la Città del Sole è un modello da non imitare» scriveva con insolenza Alberto Savinio presentando il celebre testo di Campanella. Era il 1944, e con La Città del Sole l’editore Colombo di Roma inaugurava – non a caso in un periodo di oscurità e barbarie – la Collana degli Utopisti diretta da Enrico Falqui e dallo stesso Savinio. Al progetto teocratico del «lampeggiante e roccioso» filosofo calabrese, l’umanista Savinio opponeva risolutamente l’antidoto della «grecità mentale»: « ... la libertà di pensare col proprio cervello ... si accende per la prima volta in Grecia e la illumina, e non torna a riaccendersi nel mondo se non con l’Umanesimo». Violando la consuetudine che vuole il curatore di un classico distaccato e impersonale, Savinio, che per nostra fortuna non dimentica mai di essere anzitutto uno scrittore, ha saputo trasformare strumenti di solito innocui come una introduzione e un commento in un’arma acuminata e micidiale – e l’intera edizione in un confronto, secco e ardito, fra «concetto teistico del mondo e concetto umanistico»: «La Città del Sole non è un’utopia. Le manca il primo requisito di ogni utopia: la qualità ateistica». Temi ardui, che Savinio stesso non voleva fossero oscurati dalla felice improntitudine del suo commento. E così annotava: «Lavorando in quest’aura utopica, ho finito per credere utopicamente che i miei lettori hanno tutti superato il pregiudizio della serietà, che tanto buio spande sulle cose della coltura e comunque della vita, e sanno ormai che la serietà è un ostacolo e una limitatezza, e dunque una forma di inintelligenza».