Julian Jaynes
Il crollo della mente bicamerale e lorigine della coscienza
Saggi, 29
1984, 2ª ediz., pp. 554
isbn: 9788845905827
Che cosè la coscienza? Questa, che per noi è lesperienza più immediata e vicina, questo «teatro segreto fatto di monologhi senza parole e di consigli prevenienti, dimora invisibile di tutti gli umori, le meditazioni e i misteri», continua tuttora ad aleggiare, come oggetto inafferrabile, nella ricerca scientifica e filosofica. Julian Jaynes, psicologo sperimentale di formazione, accenna in questo libro una risposta davvero nuova allantico quesito. E non vuole soltanto mostrarci che cosa la coscienza non è (attraverso una disamina devastante delle teorie correnti sul tema), ma che cosa essa è e come è nata, in un intreccio audacissimo fra neurofisiologia, teoria del linguaggio e storia. Il punto di partenza è qui la divisione del cervello in due emisferi. Sappiamo che uno solo di tali emisferi (generalmente il sinistro) presiede al linguaggio e domina la vita cosciente. Qual è allora la funzione dellaltro emisfero, legato da molteplici nessi allemozione? Chi abita, chi ha abitato quell«emisfero muto», del quale oggi riconosciamo di sapere così poco? La tesi di Jaynes è che lemisfero destro sia stato abitato dalle voci degli dèi e che la struttura della «mente bicamerale» spieghi la nostra irriducibile divisione in due entità: divisione che un tempo fu quella fra «lindividuo e il suo dio». La coscienza, quale oggi la intendiamo, sarebbe dunque una forma recente, faticosamente conquistata, che si distacca dal fondo arcaico della «mente bicamerale». Con unanalisi serrata di testimonianze letterarie e archeologiche, soprattutto mesopotamiche, greche ed ebraiche, Jaynes disegna il profilo della «mente bicamerale» in quanto fonte dellautorità e del culto, quale si è manifestata nella storia delle grandi civiltà. E, allinterno di essa, individua lo sviluppo di unaltra forma della mente, che prenderà il suo posto dopo un «crollo» dovuto a fattori interni ed esterni. Tale crollo separa per sempre il mondo arcaico da quello che diventerà il nostro. È questo il punto in cui Jaynes situa «lavvento della coscienza» (intesa nel senso moderno), ultima fase di un lungo processo di «passaggio da una mente uditiva a una mente visiva». Ma la bicameralità della mente non per questo scompare: tutta la storia è traversata da una nostalgia verso unaltra mente, tutta la nostra vita psichica testimonia numerosi fenomeni, dalla possessione alla schizofrenia, che a quellaltra mente rinviano. Ciò che noi chiamiamo storia è «il lento ritrarsi della marea delle voci e delle presenze divine». Ma la nostra mente a quelle voci e presenze continua a riferirsi, anche se non sa più come nominarle e ascoltarle. La dominanza dellemisfero linguistico non riesce a cancellare laltra metà del cervello. Così la coscienza continua a essere, come scrisse Shelley a proposito della creazione poetica, «un carbone quasi spento, che una qualche influenza invisibile, come un vento incostante, può avvivare dandogli un transitorio splendore», anche se «le parti coscienti della nostra natura non sono in grado di profetizzare né il suo approssimarsi né la sua partenza».
Il crollo della mente bicamerale e lorigine della coscienza apparve per la prima volta nel 1976.