Jayadeva
Gitagovinda
Piccola Biblioteca Adelphi, 138
1982, 5ª ediz., pp. 187, 1 tav. f.t.
isbn: 9788845905070
Il Gītagovinda, «il pastore del canto», è uno dei grandi testi dell’eros indiano – celebrazione della voluttà senza soggetto e insieme delle nozze dell’anima con Dio, che qui appare come il giovane Krsna «inghirlandato di bosco», incarnazione di Visnu. Il Gītagovinda canta le sue inesauribili avventure d’amore con le molte pastorelle dalle «carni tonde, lisce, quasi elastiche, dense della molle densità del miele che cola sopra il miele» e con la pastorella che è l’Amata prediletta fra le mille spose: Rādhā. I dati elementari di ogni storia d’amore – la gelosia erotica, il languore fantasticante della separazione, il brivido del ritrovarsi – parlano qui in immagini lussureggianti, come se ogni pulsazione del sentimento si dilatasse nel cosmo trascinando dietro di sé un corteo sontuoso di metafore. Mentre Jayadeva, raffinato poeta del secolo XII, scriveva il Gītagovinda, il dio Visnu volle sostituirsi a lui nella stesura di alcuni passi dove si cantano le bellezze della sua amante Rādhā – e in particolare in una strofe dove il dio prega la fanciulla di porgli sul capo «il bocciolo sublime» del suo piede, strofe che il poeta, per reverenza al dio, non osava concludere. Una voluttuosa delicatezza, la capacità di vivere il divino «tramite il fisiologico», come scrive Marguerite Yourcenar nel saggio che qui accompagna la prima traduzione italiana del Gītagovinda, ci vengono incontro da queste pagine abbaglianti che sembrano polverizzare, con un minimo gesto di Krsna, ogni «terrore superstizioso del fatto sensuale».